Cappella Baglioni

Storia e struttura

Conosciuta come “Cappella Bella”, la cappella del Pinturicchio in Santa Maria Maggiore fu affrescata dal pittore umbro che tanto successo riscosse per il dotato senso decorativo nonché, festoso e cortese, raggiunto nel corso della sua carriera. Dopo aver decorato l’Appartamento Borgia a Roma, il Pinturicchio nel 1500 viene chiamato a Spello da Troilo Baglioni, Priore della Canonica di Santa Maria Maggiore, per affrescare le pareti di una cappella della chiesa che di li a poco sarebbe diventata l’unico esempio di superba pittura della rinascenza italiana, presente a Spello. Lontano dallo splendore della corte pontificia, dimenticato il fasto degli affreschi Borgia, l’artista a Spello recupera quella giusta dose di equilibrio prospettico e realizza un’opera singolare nel suo genere per unità spaziale di composizione e scrupolosa ricerca di proporzioni ed equilibrio.
Nel ciclo di Spello il Pinturicchio affresca nella parete di sinistra l’Annunciazione, in quella centrale la Natività, ella destra la Disputa di Gesù fra i Dottori e le quattro Sibille nelle vele della volta.

Nell’Annunciazione il pittore pone le figure della Vergine e dell’angelo in una sorta di spazio architettonico idealizzato, modello già usato in Aracoeli ed in Santa Maria del Popolo, dove l’accettazione dei divini decreti appaiono, nel volto reclino e luminoso della giovane donna, come trasfigurati in un unico atto riservato e pudico. L’angelo inginocchiato dinanzi la Vergine, con gesto devoto ed aggraziato guida lo sguardo sul pavimento scorciato verso il fondo dove eventi bellici si consumano tra mura urbane. Tutto qui profuma di aria della sua Umbria che ricondussero il Pinturicchio verso visioni più miti accurate e piacevoli.

La Natività rappresenta la summa della nuova elaborazione decorativa a cui è giunto il pittore ; insieme a retaggi della tradizione tardogotica di Gentile da Fabriano, relegati nel fondale frammisto di guerriglie e dirupi, convive magistralmente per bilanciamento di piani prospettici, tutta la vicenda del Natale. Immagini piene di umana verità, straordinarie rese delle figure convenute, catturano l’attenzione verso l’evento dell’adorazione del piccolo Gesù contemplato dalla sua giovane Madre che di lì a poco lo aveva dato alla luce in quella capanna scorciata elaboratissima messa in scena; dove le rozze travi, gli assiti cadenti ed il fieno si mescolano a ritmi regolari.Nel gruppo della Disputa si ritrovano alcuni dei personaggi di maniera della tradizione pittorica rinascimentale; in primo piano a sinistra il prelato con il volto smagrito è il committente dell’opera: Troilo Baglioni. Disposti regolarmente secondo i canoni della poetica cinquecentesca il maestro progetta un grande edificio templare alla Raffaello, lo circonda di conversatori ed uomini d’arme, risolvendo così lo scenario dell’incontro di Gesù con i sapienti di dottrina.

Nel complesso e tenendo conto della volta dove sono raffigurate le Sibille Europea, Tiburtina, Samia e Eritrea in eleganti atteggiamenti e ben calibrati troni, la Cappella Bella è tra le più armoniose e significative creazioni del Pinturicchio. Essa testimonia non soltanto il consumato magistero dell’artista, ma anche una capacità di approfondimento spirituale, legato anche al suo tempo ed ai suoi diversi rapporti di formazione (si pensi a Raffaello a Perugia). Il ciclo di Spello segna forse l’apice della produzione artistica del pittore che tanta notorietà ha regalato alla Splendidissima colonia Julia che grazie all’intervento pinturicchiesco è a tutt’oggi ricordata anche per questa sublime interpretazione di pittura rinascimentale.

Oratorio della morte

Storia

Al 1573 risale la fondazione della chiesa di S. Gregorio Magno. La confraternita della Morte, aggregata all’omonima confraternita di Roma, come risulta nel 1571, si occupava della sepoltura dei morti e di altre opere pie ed aveva sede inizialmente nell’oratorio di S. Antonio. Prima del 1623, per iniziativa di don Giovanni Jacoberi, la confraternita fece costruire un nuovo oratorio attiguo alla suddetta chiesa di S. Gregorio Magno, cui concorsero numerose famiglie della città, mentre il primitivo oratorio di S. Antonio nel 1630 divenne la sede della Società dei Mulattieri. Nonostante l’edificazione risalga all’ultimo quarto del XVI secolo non è arrivato fino a noi alcun segnale-spia sull’originario progetto, concepito in epoca rinascimentale, restano in facciata solo resti di una decorazione proprio nella zona del sottotetto, raffigurante il timpano di un tempio classico; a questo proposito non ci sono fino ad ora pervenute informazioni utili per una probabile datazione.

Il piccolo complesso insiste sul primo tratto di via Giulia subito dopo l’imbocco di via Sant’Ercolano; è costituito dall’Oratorio della Morte voluto dallo Jacoberi nei primi anni del XVII secolo, e dalla chiesa di San Gregorio. Il prospetto esterno, ora in tipica pietra del Subasio, era in origine intonacato come si può vedere dai resti ornati nella fascia superiore. Sulla facciata si aprono due porte di ingresso alla chiesa che è a pianta rettangolare e presenta tre altari realizzati alla fine del XVI secolo; da una porta sulla parete destra si accede all’attiguo oratorio della Morte, sempre a pianta quadrangolare con copertura a botte. All’interno della chiesa di San Gregorio troviamo diverse opere disposte nel seguente ordine:

Parete destra

Altare di San Michele. Tela ad olio attribuita ad Ascensidonio Spacca detto il Fantino: San Michele arcangelo (opera datata 1591.

Parete frontale

Altare maggiore. Tela ad olio di Perino Cesarei di Perugia: Madonna con Bambino fra angeli, San Gregorio Magno, San Giuseppe. È raffigurato lo stemma della famiglia Diamanti di Spello (opera databile al 1587).

Parete sinistra

Altare della Resurrezione. Tela di Vincenzo Monotti di Perugia: Transito di Sant’Andrea d’Avellino (1789). Nella nicchia. Statua: Cristo risorto (sec. XIX).

Controfacciata

Cantoria (sec. XVIII).
L’Oratorio della Morte costituisce un sicuro punto di riferimento storico per la vita cittadina in quanto si hanno notizie che diverse famiglie facoltose spellane contribuirono alla sua realizzazione: di questo si ha testimonianza nel perimetro delle pareti interne dove compaiono i nomi di coloro che favorirono l’operazione.L’intervento risale agli inizi del XVII secolo: infatti sulla parte alta dei prospetti interni sono disposti 25 riquadri con busti di santi e con la scritta nella parte inferiore dei nomi e delle armi gentilizie dei
confratelli. L’intera opera è datata 1604 ed è attribuita ad un pittore baroccesco alla maniera di Marcantonio Grecchi. La volta a botte è interamente ornata da Sibille e Profeti disposti intorno all’Eterno con angeli; potrebbe appartenere alla stessa mano, ma l’esecuzione è sicuramente più tarda (1628).

Parete frontale

Altare; opera lignea, intagliata e dorata: Crocifisso (sec. XVII).

Oratorio San Giovanni Battista

Storia

L’oratorio faceva parte, inizialmente, del monastero femminile di S. Giovanni Battista, edificato nella prima metà del secolo XIII da un gruppo di penitenti, che ottennero dal vescovo di Spoleto di poter vivere in povertà e sotto la regola agostiniana (la prima attestazione documentaria dell’edificio risale, tuttavia, al 1348). In seguito, già entro la metà del secolo XV, il monastero venne posto alle dipendenze dei canonici di S. Giovanni in Laterano e, nel 1816, Pio VII fece concentrare le monache ivi residenti nel locale monastero agostiniano di S. Maria Maddalena.

L’oratorio venne riedificato nel 1643 dal Seminario Felice (poi Collegio – Convitto intitolato a V. Rosi), inglobandolo al proprio interno. L’ultimo rifacimento risale al 1955 come si legge da una lapide posta sopra la porta d’ingresso sulla controfacciata. Oggi l’oratorio è inglobato nel prospetto esterno del Palazzo Rosi su Largo Mazzini. La facciata oggi intonacata, è semplice e dalle linee architettoniche essenziali; attraverso una porta si accede all’aula interna che è a pianta rettangolare. A sinistra della parete di fondo una piccola apertura introduce nel vano della sagrestia; un corridoio collega l’oratorio alla Casa di Riposo in via Due Ponti.

Il prospetto frontale è probabilmente l’opera più raffinata ed elegante presente nella chiesa; si tratta del fronte in stucco dietro l’altare maggiore. L’opera di singolare ricercatezza, rappresenta il Battesimo di Cristo, è databile fine XVII secolo inizi XVIII ed è quasi sicuramente una delle più pregevoli del territorio spellano. Lo stile della rappresentazione è di gusto romano ed è sicura testimonianza del suo tempo. L’impatto visivo, l’ingombro delle singole volumetrie, conferiscono a tutta la macchina scultorea un profondo coinvolgimento spaziale tipico delle opere berniniane, di cui questa sembra una felice derivazione che qualifica e distingue l’intero ambiente.

Parete di fondo

Dietro l’altare maggiore. Prospetto in stucco, al centro: Battesimo di Cristo.
Ai lati: due Dottori della Chiesa (a sinistra: Ambrogio; a destra: Agostino).
Sopra. A sinistra: San Luca; a destra: San Giovanni.

Parete destra

Altare. Tela di seguace del Camassei: Santa Caterina d’Alessandria con sei storie della sua vita. In alto: Annunciazione (sec. XVII). Sopra la tela campeggia una busto di Santa Caterina da Siena.

Parete sinistra

Altare. Olio su tela della cerchia del Grecchi: Madonna di Costantinopoli, il Battista, Santa Apollonia, San Carlo Borromeo (datato 1613).

Cappella Tega

Storia

La cappella sorse come sede della confraternita dei disciplinati di Sant’Anna, i quali gestivano un ospedale di cui si hanno notizie a partire dal 1362; inserita in questo complesso ospedaliero e riservata, probabilmente, alla disciplina, venne soppressa nel 1571. Nel 1895 il locale era adibito a bottega (numero civico 16), ma erano già parzialmente visibili gli affreschi del 1461, poi restaurati nel 1970.

Oggi la cappella è più nota come Cappella Tega, dal nome del proprietario e scopritore degli stessi affreschi. La cappella è costituita da un’unica aula a pianta rettangolare, la copertura è costituita da una volta a crociera. Rispetto all’ingresso si nota nella parete sinistra un grande arcone, oggi in parte interrato a causa della sopraelevazione del livello stradale della piazzetta esterna adiacente. L’esiguità delle dimensioni dell’aula si contrappone alla cospicua presenza di affreschi posti sulle pareti interne della cappella.
Autori delle decorazioni sono due pittori folignati: Nicolò di Liberatore detto l’Alunno ed un artista anonimo, di cultura arcaizzante, convenzionalmente denominato Maestro delle storie del Battista (Todini), forse identificabile con Pietro di Mazzaforte, figlio del noto artista folignate Giovanni di Corraduccio e suocero dello stesso Nicolò (Scarpellini).

La presenza dell’Alunno a Spello è un segno distintivo del livello e della ricerca artistica raggiunta nel nostro territorio nella seconda metà del XV secolo. Il soprannome d’Alunno, che per la prima volta gli dà il Vasari, deriva certamente da una falsa interpretazione dell’epigramma che si legge nella predella del Polittico per Brigida de’ Picchi, oggi al Louvre, dove Nicolò è detto alunnus fulginie, cioè figlio, allevato in Foligno, e non allievo e alunno di… Ben attivo e noto per numerose presenze a Foligno, Nicolò influenzato anche da Benozzo a Montefalco ripropone a Spello una Crocifissione e data l’opera di suo pugno al 1461 (l’iscrizione si legge nella parte superiore della controfacciata).
L’impianto pittorico è visibilmente inserito in compassi decorativi che sono, ancora oggi, ben visibili, inoltre si pensa che l’intero apparato facesse parte di un preciso progetto iconografico più vasto.

Parete destra

Affresco attribuibile a Pietro di Mazzaforte: Sant’Anna, la Madonna con il Bambino (purtroppo gran parte è andato perduto).

Parete frontale

Affresco di Nicolò di Liberatore detto l’Alunno: Crocifissione (1461).

Parete sinistra- sottarco

Scanditi in comparti mistilinei, nel sottarco sono rappresentati sei busti di Apostoli. A partire da sinistra rispetto all’ingresso i primi tre sono dell’Alunno e raffigurano:
San Giovanni; 3b- San Giacomo minore (?); 3c- San Tommaso (?).
Sull’area del concio di chiave era probabilmente raffigurato: l’Agnello mistico. Gli altri tre compassi sono attribuiti a Pietro di Mazzaforte, e raffigurano:
San Giacomo maggiore; 3e- San Bartolomeo; 3f- Sant’Andrea.

Controfacciata In alto

Affresco attribuito a Pietro di Mazzaforte: a sinistra : San Pietro ; a destra: San Paolo.
Sotto ai lati della porta: a sinistra: il Purgatorio; a destra: l’Inferno.

Volta di copertura

Affreschi di Nicolò di Liberatore; nelle quattro vele sono raffigurati: gli Evangelisti

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