L'artista
Bernardino di Betto, detto Pintoricchio
Bernardino di Betto, detto Pintoricchio, nasce tra il 1456 e il 1460 a Perugia da una modesta famiglia di artigiani. Fin da ragazzino comincia a fare pratica con pennelli e colori nella bottega che il miniatore Giapeco Caporali apre vicino alla sua casa.
Sono gli anni in cui Perugia vive un grande fervore artistico grazie alla presenza di grandi artisti del rinascimento italiano tra cui Gentile da Fabriano, Beato Angelico, Giovanni Boccati, Domenico Veneziano, Bartolomeo Caporali, Sante di Apollonio e il divin pittore, il Perugino.
A questa splendida stagione artistica umbra partecipa anche il giovane Bernardino: in questi anni lo vediamo impegnato nelle famose tavole con le storie di San Bernardino del 1473 e sui ponteggi della Cappella Sistina dove dipinge al fianco del Perugino.
Solo nel 1481, a più di venti anni, si iscrive all’Arte dei Pittori di Porta Sant’Angelo. Con malcelato disprezzo viene chiamato “Pintoricchio”, in quanto “piccolo e di poco aspetto” e, soprattutto, inferiore al divin pittore, il grande Perugino.
Grazie al suo lavoro a Roma Pintoricchio entra in contatto con nuovi committenti e fra il 1482 e il 1485 dipinge la cappella Bufalini all’Aracoeli. Il soggiorno romano è intervallato da continui rientri in Umbria per piccole commissioni ottenute anche grazie al nipote Girolamo Simone, nominato giovanissimo canonico della cattedrale di San Lorenzo a Perugia. Tra il 1487 e il 1488 Pintoricchio lavora nel cantiere dell’abitazione di Papa Innocenzo III in Vaticano. Dopo nemmeno due anni è al lavoro nella sala dei Mesi del palazzo del Cardinale Domenico della Rovere e nelle Cappelle di Santa Maria del Popolo e dal 1492 al 1496 lavora al Duomo di Orvieto.
Intanto, continua a lavorare a Roma dove decora gli appartamenti Vaticani del nuovo papa Alessandro VI Borgia e prepara la tavola per l’altare di Santa Maria dei Fossi, che è forse una delle sue opere più significative. In questo periodo i lavori a Perugia, Orvieto e Spoleto sono molto remunerativi e, insieme alla ricchezza, nel 1501 arrivano anche le prime soddisfazioni in campo politico: viene infatti chiamato a rivestire la carica di priore delle Arti a Perugia. Le vicende della vita dell’artista si legano agli avvenimenti politici dell’epoca: oltre ad essere vicino a Cesare Borgia, Pinturicchio è molto legato alla famiglia Baglioni, da cui riceve l’incarico di decorare le pareti della Cappella Bella della Chiesa di Santa Maria Maggiore di Spello (Cappella Baglioni), un testo pittorico dipinto tra l’autunno del 1500 e la primavera del 1501, che resterà una delle opere più fortunate e significative nello scenario artistico umbro ed è ancora oggi considerato il suo più straordinario capolavoro.
Il ciclo di affreschi della Libreria Piccolomini a Siena, dove l’artista racconta le storie di Papa Pio II, Enea Silvio Piccolomini – con il contributo di Ambrogio Barocci cui si deve la grandiosa struttura architettonica e di Raffaello che appronta i cartoni per le scene – segna il coronamento del successo raggiunto dal pittore perugino.
Nel 1506 Pintoricchio riceve l’incarico di eseguire una grande Pala per l’altare della Chiesa di Sant’Andrea a Spello ma altre importanti committenze a Siena lo costringono l’anno successivo a lasciare il lavoro. Affida il dipinto della Pala al pittore perugino Eusebio di San Giorgio con la preghiera di attenersi ai disegni da lui preparati. Torna nel 1508 per ultimare, secondo gli accordi presi con i committenti, le teste dei personaggi e il tondo con Cristo in pietà della cimasa, le parti più significative dell’opera e poi riparte per Siena.
Tra il 1509 e il 1510 dipinge la volta della Cappella Della Rovere nella Chiesa di Santa Maria del Popolo, la sua ultima opera romana. Malato, nel 1513 si ritira nelle campagne senesi dove muore l’11 dicembre dello stesso anno, già abbandonato dalla moglie, ricco e solo.